A tre anni e otto mesi dalla sua prima apparizione, oggi torniamo a parlare di lei, una ragazza davvero molto speciale: Luce.
Nata dalla penna di Osvaldo Vernero, Luce è la protagonista di un romanzo capace di tenere alta l’attenzione dalla prima all’ultima pagina in un susseguirsi di colpi di scena creati appositamente per depistare il lettore. Come nasce l’idea di questo libro e come si è sviluppata la struttura che, ricordiamo, si compone di tre parti di lunghezze differenti?
Se devo essere onesto, non ho creato Luce: era già lì. Avevo appena terminato il mio primo libro e Luce è saltata fuori, come se mi stesse aspettando. Ho elaborato la struttura del romanzo in pochissimi giorni e l’ho terminato in poco più di tre mesi. Non è che io scriva in modo particolarmente veloce, è che in questo caso le parole uscivano da sole e i personaggi non vedevano l’ora di raccontare la loro storia. È stata un’esperienza esaltante e terribilmente stancante al tempo stesso; un po’ come salire su un treno dal quale non puoi scendere e che, al contempo, non hai alcuna voglia di lasciare. Anche i depistaggi, come li hai chiamati tu, in realtà sono nati in modo molto naturale. La parola depistaggi mi fa quasi pensare a un qualche genere di inganno, ma non è questo il tipo di rapporto che desidero avere con il lettore. Io amo le letture capaci di stupire, di emozionare. Letture lineari, che scorrono senza intoppi, ma che seguono anche uno svolgimento originale. È questo che mi aspetto quando leggo un romanzo, ed è quello che voglio offrire come scrittore. Detesto essere ingannato quando leggo un libro e amo invece essere sorpreso: altrimenti dove starebbe il divertimento!
Come si è detto, Luce, oltre a essere il nome di una ragazza speciale – della quale avremo modo di parlare in seguito – è anche il titolo del libro. Cosa ti ha guidato in questa scelta?
Quando inizio a scrivere non so mai quale titolo sceglierò alla fine. Si tratta di una decisione che amo procrastinare: un piacere da gustare con calma. Di solito uso provvisoriamente il nome del personaggio principale, che in questo caso è Lucia. Nel corso della stesura poi, un dettaglio, una frase particolare, un pensiero mi suggeriscono il titolo. Ora, Lucia detesta il proprio nome e si fa chiamare Luce – un nome certamente evocativo. Siccome il tema centrale del romanzo è il viaggio della protagonista alla ricerca della verità, la scelta del titolo, alla fine, è stata piuttosto naturale.
Luce è una pre-esper. Chi sono costoro? Cosa possiamo rivelare ai nostri lettori circa la condizione di questi ragazzi speciali ricercati e manipolati dalla MERC?
Il romanzo presenta alcuni elementi fantastici che riguardano la sfera del paranormale. Ho una passione per l’unione del reale e del fantastico. Adoro la narrativa che tratta argomenti fuori dall’ordinario, soprattutto in chiave moderna – per capirci, romanzi come quelli di Christopher Moore. Parlare di fenomeni paranormali, che non è di certo una moda recente, richiede però una certa attenzione. Lo studio del paranormale con metodo scientifico risale agli anni Trenta, ma l’interesse per questi fenomeni è presente nell’essere umano da sempre. Esiste molta letteratura al riguardo; basti pensare a tutti quei racconti del periodo vittoriano influenzati dal fascino per il paranormale, con autori di tutto rispetto e molto famosi ancora ai giorni nostri. La passione quindi per i fenomeni inspiegabili ha proseguito negli anni, dando vita a un linguaggio peculiare e utilizzando termini che fanno ormai parte del nostro bagaglio culturale e che sono però anche un po’ datati. Nel mio romanzo desideravo utilizzare un linguaggio con un sapore più attuale e anche se il termine esper non è propriamente recente (possiamo risalire allo scrittore Alfred Bester che lo utilizza già nel 1950) si tratta di una parola di origine inglese poco usata in Italia, una parola che non porta con sé il peso degli anni. La MERC, invece, è una grossa corporazione priva di scrupoli che tenta di sfruttare i giovani dotati: sono sicuro che questo tema si spiega da solo!
Nel tuo romanzo sono numerosi i temi sociali che sfiori appena o che tratti più direttamente; uno su tutti, l’essere diverso rispetto alla normalità a cui si è abituati e, connessa a questa condizione, la necessaria forza d’animo di cui la nostra protagonista si deve armare per riuscire a sopravvivere. Puoi raccontarci qualcosa in merito a questo argomento?
È un fatto: le storie che più mi toccano nel profondo sono quelle che riguardano gli emarginati. Ammiro la forza e la determinazione delle persone che devono lottare ogni giorno per sopravvivere in un mondo di stereotipi e pregiudizi. Provo una grande ammirazione per coloro che riescono a superare questo tipo di prove e a sopravvivere ad esse.
Luce è una narrazione che scorre rapida travolgendo colui o colei che si cimenta nella lettura lasciando dei solchi profondi a mano a mano che le pagine scorrono l’una dietro l’altra. Quali sono state le tue emozioni durante la stesura? Com’è stata la tua esistenza durante nel periodo di tempo che ti è occorso per scrivere il romanzo?
Come dicevo prima, la stesura di questo libro è stata molto coinvolgente a livello emotivo e molto intensa. Tutto il processo mi ha assorbito completamente e quando è terminato mi ha lasciato un vuoto dentro. Ricordo che ogni momento libero era dedicato a scrivere e quando non scrivevo ripercorrevo nella mia mente la storia scritta e ciò che ancora mancava.
Quanto hai dato di te a Luce?
Quando si scrive si è portati a raccontare una storia da un punto di vista molto personale. Si tende a evidenziare i punti che più sentiamo importanti; si tende a tradurre in qualche modo la narrazione, a confezionare il romanzo secondo il nostro personale modo di vedere il mondo. Luce non fa eccezione. Sono io che racconto le vite di questi personaggi meravigliosi e unici: cosa c’è di più personale?
Sono trascorsi ormai più di tre anni dalla prima apparizione del tuo romanzo: come ti senti oggi nei confronti dello stesso?
Scrivere un romanzo è un’esperienza molto strana. Vivi, con il cuore e con la mente, un mondo parallelo che poi riversi sulle pagine di un libro. Questo mondo, questi personaggi, sono parte di te e al contempo non lo sono, provengono da una zona che è a metà strada tra il tuo essere, la tua immaginazione, i tuoi sensi e la tua esperienza. Quando scrivi, vivi una dimensione quasi spirituale che ti pervade. La sensazione, quindi, è che la storia non ti appartenga totalmente. Ti senti, in parte, un tramite, un semplice testimone. Ho sentito spesso gli scrittori paragonare i propri romanzi a dei figli, le analogie ci sono, penso però che questo sia vero fino a quando il romanzo non viene pubblicato. Dopo diventa una cosa a sé, vive di vita propria e ci diventa quasi estraneo. Ogni singola persona che legge il mio libro lo rende vivo in un modo del tutto personale. Amo rileggere Luce di tanto in tanto, lo scrittore è davvero bravo!
Dato il finale aperto con cui concludi la narrazione, dobbiamo intendere che arriverà un seguito di Luce?
In realtà preferisco i libri che iniziano e finiscono. Luce è così: la storia inizia e si conclude. Tutte le linee narrative arrivano al termine. In ogni caso, qualunque narrazione, con finale aperto o meno, può avere un seguito – Arthur Conan Doyle è arrivato addirittura a resuscitare Sherlock Holmes! Quando si finisce di scrivere il dubbio è sempre lo stesso, ossia se un ulteriore romanzo possa arricchire la storia, oppure ne riduca il significato. Per Luce non l’ho ancora capito. Nella mia mente comunque ho già visto il futuro di Lucia e ne ho anche scritto. Spero di riuscire a dissipare i miei dubbi e magari contemporaneamente trovare il tempo per terminare un nuovo capitolo di Luce. Molti amici comunque sono stati così carini da chiedermi di continuare la storia, loro per fortuna dubbi non ne hanno.
Sono il centro immobile del mio universo, pensò e, a discapito di tutte le cose orrende che aveva visto, la vita in quel momento non le sembrava poi così terribile. Chiuse gli occhi e si addormentò.
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Osvaldo Vernero è uno scrittore piemontese. Nato a Rivoli, in provincia di Torino, dopo la morte del padre abbandona gli studi e, diciassettenne, inizia a lavorare. Fa di tutto, dal panettiere al fabbro, per poi specializzarsi come analista di sistemi sperimentali in ambito aeronautico. Nel 2009 partecipa al concorso letterario a scopo benefico “Una fiaba per Fabullo”. Negli anni seguenti scrive numerosi racconti e nel 2015 conclude il suo primo romanzo, Ti vedo. Sempre nello stesso anno termina il suo secondo libro, Luce, edito nel 2018 da Parallelo45.
Osvaldo continua a lavorare nel settore informatico e vive in un piccolo paesino del Canavese con sua moglie e i loro due figli.
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