Di Domenico Rizzi, autore di Frontiere del West
E’ sempre difficile stabilire perché un autore scelga un determinato argomento piuttosto che un altro. Quand’ero giovanissimo i miei gusti oscillavano tra la science fiction di Ray Bradbury e i romanzi d’avventure di James Fenimore Cooper, ma la curiosità di conoscere gli avvenimenti che caratterizzarono la più grande conquista della storia prese infine il sopravvento su ogni altro interesse. Ancora fresco di laurea, pubblicai il mio primo saggio sul West, quell’”Hoka Hey!L’ultima guerra indiana” oggi introvabile che rappresentò il primo approccio verso l’argomento degli Indiani e dei cowboy, dei trapper, dei soldati a cavallo e dei pistoleri. Da allora molti anni sono trascorsi e ho pubblicato 19 libri, dei quali 12 dedicati alla storia, 5 alla narrativa, 1 al mio viaggio negli Stati Uniti ed 1 alla filmografia di John Wayne. Alcuni di questi si trovano online sul portale Farwest – il più importante sito western d’Europa con oltre 2.500 visitatoti al giorno – con il quale mantengo un’attiva collaborazione da diversi anni.
Il giro di boa della mia carriera letteraria si può considerare il 2001, quando vinsi a Firenze, fra centinaia di concorrenti, il premio letterario “L’Autore” con l’opera “Le schiave della Frontiera”, che descrive la drammatica odissea di molte donne bianche catturate da Indiani ostili.
Il secondo salto di qualità lo feci nel 2007 pubblicando con l’editore Filios di Piacenza “Le streghe di Dunfield”. Fu il mio primo romanzo, seguito da “I peccati di Dunfield” e ispiratore di una trilogia e che sarà completata a breve da un terzo volume. Di ispirazione cooperiana almeno per quanto riguarda il teatro dell’azione – gli scontri tra Francesi e Inglesi, affiancati dai loro alleati pellirosse, durante la Guerra di Re Guglielmo del 1689-97 – rivisita la famigerata caccia alle di Salem attraverso un’oscura vicenda maturata in un villaggio puritano del Massachussets, nel quale fa spicco la personalità di Nathan Whitman, un giovane capitano della milizia animato da sentimenti leali e sostenuto da uno spirito anticonformistico che preludono alla nascita dell’Americano nelle colonie britanniche d’oltre oceano.
Con Filios ho realizzato anche – oltre ai saggi “Sentieri di polvere” e al più recente “Frontiere del West” – la mia prima raccolta di racconti, intitolata “Pianure lontane”, che riassume in 5 storie ambientate in epoche e luoghi diversi la mia visione del selvaggio West prima e dopo la conquista.
Benchè la Frontiera americana sia rimasta costantemente al centro della mia attenzione – ho pubblicato con vari editori “Le guerre indiane della Vecchia Frontiera”, “Le guerre indiane nelle Grandi Pianure” entrambi in versione osprey, “O.K. Corral 1881”, “I cavalieri del West”, quest’ultimo in collaborazione con il giornalista Andrea Bosco – sono riuscito a diversificare la mia produzione con un paio di romanzi di argomento diverso. Il primo è stato “Slash. Grazie per questo amore”, una storia moderna che si svolge sul Lago di Como dove risiedo, e l’altro “La montagna di fango”, un thriller ambientato nell’America della Grande Depressione.
La storia, letteratura e cinematografia western sono, come ho detto, il sentiero maestro che percorro ogni giorno con immutabile entusiasmo.
Il mio prodotto più recente – “Frontiere del West” – riprende argomenti trattati in passato con spirito maggiormente critico, introducendo approfondimenti e riflessioni che inducono a guardare la Frontiera con occhi più smaliziati.
Alle biografie di personaggi di grande notorietà – Kit Carson, Buffalo Bill, Geronimo, Wild Bill Hickok e Billy il Kid – ho aggiunto dei capitoli su alcuni episodi controversi della celebre epopea, quali la misteriosa fine del famoso esploratore Meriwether Lewis, le condanne a morte inflitte a Tom Dooley e Tom Horn, la battaglia del Little Big Horn.
Il libro spazia inoltre sulla trilogia western di Emilio Salgari, che l’autore veronese pubblicò quando la sua vita volgeva ormai al termine, e sulla produzione hollywoodiana e italiana del celebre filone dal 1903 ai giorni nostri, esaminando il particolare la “trilogia del dollaro” di Sergio Leone e film-symbol quali “Soldato Blu” e “Il Grinta”. Ho ritenuto necessario concedere il giusto risalto alle figure femminili che il western ha portato sullo schermo, prima fra tutte quella Jane Russell che nel 1940 fece scandalo con “Il mio corpo ti scalderà” di Howard Hughes. Fra gli eroi “dimenticati” dalla leggenda, mi è sembrato doveroso ripescare James Reed, un onesto contadino ingiustamente accusato che nel 1846 tentò di salvare la carovana Donner dal suo atroce destino e John Portugee Phillips, la cui cavalcata sulla neve per 236 miglia nel 1866, con lo scopo di evitare la distruzione di Fort Kearny minacciato dai Sioux, rimane una delle pagine più gloriose della saga del West.
Il capitolo più drammatico del libro rimane forse “Donne indiane e prigioniere bianche”, che ho dedicato, rifacendomi alla mia precedente pubblicazione “Le schiave della Frontiera”, alle centinaia di sventurate finite nelle mani dei Pellirosse. La maggior parte di esse subì per mesi o anni ogni sorta di violenze e vessazioni, lasciando un’impronta dolorosa che il cinema – a parte qualche pellicola, come “Sentieri selvaggi” e “Cavalcarono insieme” di John Ford – ha quasi sempre ignorato.
In conclusione, il West di cui mi occupo non è soltanto quello della leggenda, così come i suoi personaggi non sono unicamente quelli innalzati dal mito e conosciuti a livello mondiale attraverso cinema e fumetti.
E’ invece una lunga conquista costellata di lotte e privazioni sopportate dalle persone comuni, molte delle quali assursero a grande popolarità, talvolta per la loro smodata ambizione o per sete di ricchezza, altre volte per un semplice gioco del destino.
Questa epopea non è stata dunque, come erroneamente hanno indotto a credere molti film – specialmente gli “spaghetti western” di produzione nazionale – soltanto il teatro di accaniti scontri fra pistoleri e bounty-killer dall’incerta provenienza. E’ una storia molto più drammatica e complessa, nella quale ebbero un ruolo determinante cacciatori di pellicce, poveri emigranti diretti verso Ovest su traballanti carri Conestoga, tribù indiane massacrate a volte senza una ragione, sceriffi dalla dubbia moralità e innocenti condannati a morte da una giustizia arrogante e frettolosa.
Ciò che ho cercato di far emergere in tutti i miei libri, anche in quelli di narrativa, è la vera essenza della Frontiera, lo spirito che sostenne e contribuì a portare avanti un sogno fino alla sua realizzazione.
Come scrisse lo storico Frederick Jackson Turner nel saggio “The Significance of the Frontier in American History”, “Il vero punto di osservazione per comprendere la storia di questa nazione non è la costa che guarda l’Oceano Atlantico, è il grande West.”