Per la nostra rubrica dedicata ai segreti e agli aneddoti dei nostri scrittori e dei loro romanzi, oggi abbiamo intervistato Pier Bruno Cosso, scrittore sassarese, autore di due romanzi editi da Parallelo45 Edizioni: “Il giorno della tartaruga” e “Dannato cuore“.
- Come è nata la tua voglia di scrivere romanzi? C’è sempre stata o è arrivata a seguito di un evento particolare, un episodio importante della tua vita?
La voglia di scrivere c’è sempre stata. Alimentata dalla prima penna, fortificata dalla prima macchina da scrivere. Da ragazzo avevo impegnato i miei risparmi per comprarmi un’Olivetti “Lettera 32”, che ancora conservo, e dalla quale non mi staccavo mai. Poi però la voglia di scrivere davvero, di mettermi veramente in gioco è arrivata pochissimi anni fa, quando dopo un litigio col mio capo, mi sono accorto che non si può vivere solo per lavorare. Da un giorno all’altro ho come iniziato a frequentare intensamente quel mio “io-scrittore” mai dimenticato; e ho preso a scrivere “Il giorno della tartaruga”, il mio romanzo d’esordio.
- Come nasce l’ispirazione? Descrivici la fase preparatoria alla stesura del libro
La prima fase, fondamentale, nasce dentro di te piano piano. Quasi non ti accorgi che con gli occhi della mente vedi come spezzoni di un film, con scene che forse hai vissuto, visto, o solo immaginato: dopo poco non lo capisci più. E tutto questo ti rimane dentro a fermentare, a ribollire come il mosto che diventerà vino. Poi improvvisamente inciampi nella scena iniziale. La vedi davanti a te, o proprio la vivi, e ti travolge, ti dà un brivido che parte da dentro e arriva a ondate sulla pelle. Come una bottiglia di spumante che si stappa, senti il botto e tutto il contenuto liquido che si sprigiona come una liberazione e scorre impetuoso dove vuole lui. A questo punto è fatta. Mi siedo con una penna, un taccuinone formato A4, e assemblo tutta la storia in capitoli.
- Che tipo di scrittore sei: scrivi di getto o prepari scalette, bozze, micro riassunti?
La mia vita è nelle scalette. Da bambino per fare i temi a scuola, ed ora se devo fare una relazione, o anche solo una telefonata importante, mi preparo una scaletta, almeno mentalmente. È un consiglio che mi sentirei di dare a chiunque. Quando scrivo un romanzo, nel primo foglio del taccuinone traccio tutta la storia; e poi un foglio per ogni capitolo, altrimenti non funziona. È fondamentale: un solo foglio per ogni capitolo, ma con continue annotazioni di deviazioni di percorso e di scaletta. Perché la storia, come la vita, ti sorprende sempre con i suoi imprevisti.
- Hai riti propiziatori/abitudini legate alla scrittura?
Sono molto scaramantico in tutte le cose che faccio. Ma per la scrittura no. Piccoli stupidi rituali quotidiani, forse per rifugio o per conforto, ma per scrivere no. La scrittura è una zona franca da questa ossessione. Forse perché la scrittura è essa stessa ossessione. Magari poi tutte le fobie e i riti propiziatori ritornano nel tempo che intercorre tra l’invio del manoscritto e la risposta dell’editore. Un po’ come i secondi tra il lampo e il tuono, ma moltiplicato per infiniti giorni.
- Scrivi sempre in un determinato posto e ad una determinata ora?
Silenzio. Ho bisogno di un silenzio piatto come il mare la sera. Nel silenzio fermentano le idee. È il silenzio il mio posto ideale per scrivere. Dovunque ci sia una placida, interminabile oasi dai rumori, dal pulsare frenetico. Mattina, sera, o molto più spesso notte, per non dire dei giorni in cui non devo lavorare: li brucio in un lampo, come appeso alle parole che mi fanno volare. In silenzio…
- Quali sono gli scrittori e i libri che ti influenzano maggiormente?
Come lettore sono onnivoro e indisciplinato. Adoro qualunque libro ben scritto, con una scrittura densa, anche se la struttura portante fosse debole. Sicuramente tutta la mia formazione è stata influenzata da Luigi Pirandello, e poi da allora, veramente, divago moltissimo. Amo molto anche gli autori della Parallelo45: ho iniziato con “Giulia” di Silvia Lorusso, bellissimo, e da allora ne ho letto tanti, e tutti hanno qualcosa di particolarmente intenso da regalare al lettore.
- Consigli per gli aspiranti scrittori
A questa domanda gli scrittori in genere rispondono consigliando di leggere molto. Mi fa sempre sorridere, e mi dà l’idea di un consiglio interessato. Scherzo, leggere è davvero molto importante, ma a chi me lo chiede consiglio anche di scrivere sempre. Scrivere per scrivere, senza pensare al destino di quello scrivere. Anche solo per sé stessi, scrivere credo che sia il miglior allenamento possibile… per scrivere.
- Con Parallelo45 hai pubblicato due romanzi: “Il giorno della tartaruga” e “Dannato cuore”. C’è qualcosa (a parte l’ambientazione) che accomuna i protagonisti dei due libri, Lucio e Chiara?
Quello che li accomuna potrebbe essere l’evoluzione dell’interiorità dei personaggi. I protagonisti, ma anche gli altri, nel viaggio del libro intraprendono un percorso di maturazione, anche attraverso esperienze amare, ma che li portano ad evolversi, a superarsi, a cercare di capire di più la vita. Adoro che i personaggi incontrino quella certa sofferenza, quella fatica in ascesa, che porta verso le vette più alte. Il protagonista ideale, nel corso del libro, deve cambiare fisionomia. Deve essere in crescendo, altrimenti non c’è sforzo creativo. E nei prossimi libri vorrei confermare questa scelta. Ma, sempre, come se fosse una cosa naturale, di cui non ci si accorge quasi.
- Ci sono aneddoti particolari e cose simpatiche che ti sono accadute mentre scrivevi i tuoi romanzi?Quando scrivo rimango talmente intriso nella storia che immagino, che quello che racconto mi sembra di averlo vissuto realmente. In quel momento in cui in famiglia ognuno riassume i suoi frammenti di vita della giornata, mi sorprendo a fare una frenata brusca prima che mi venga da raccontare come reale, qualcosa che ho solo immaginato per scriverlo. Non so, e non mi chiedo, se sia un effetto collaterale della scrittura al servizio della fantasia, o se nella mia testa si rompano gli argini tra realtà e immaginario. Mi piace restare con questo dubbio incoscientemente irrisolto, e pensare che sia solo un vezzo simpatico.
- Lucio, protagonista de “Il giorno della tartaruga” è, come te, un cinquantenne informatore medico, che vive e lavora in Sardegna. Quanto c’è di autobiografico in questo romanzo?
Voce narrante in prima persona, e tutte le attinenze che dici… ma lo sai che ho passato la metà del tempo delle tantissime presentazioni del mio primo libro a smentire il sospetto che la storia fosse autobiografica? Non c’è nulla, assolutamente nulla di autobiografico, se non la seconda pagina col posto di blocco dei carabinieri in una strada desolata. Ecco, l’episodio iniziale di cui parlavo prima. È chiaro che la storia si svolge in un ambiente che conosco bene, ma non c’è nulla di realmente accaduto. Però poi l’accusa di autobiografico mi piace molto perché significa che la struttura, pur surreale, ha una sua profonda credibilità. E questo mi inorgoglisce molto.
- Entrambi i romanzi sono ambientati in Sardegna, e l’isola diventa un po’ controfigura, un po’ caricatura dei protagonisti stessi: Lucio, solitario e indolente vive in una Sardegna descritta come aspra e solitaria; Chiara, emotivamente bloccata dopo la scomparsa della sorella, riscopre emozioni e sentimenti in una Cagliari che vive, respira, comunica stati d’animo e tensioni. Quanto è vera questa affermazione e perché questa scelta di trasfigurare i luoghi in veri e propri “personaggi”?
Bellissima domanda. L’ ambientazione in Sardegna, la mia Isola, non è né strumentale né accidentale, hai visto giusto. È una scelta interiore, come un passaggio segreto dentro la mia anima. La Sardegna è imprescindibile dalla mia scrittura. È amore puro, incondizionato per la mia terra. E come dici tu è trattata come un vero personaggio, con luci ed ombre, con momenti di euforia e di nostalgia. La mia terra insomma, che vorrei diventasse la terra di chi mi legge, anche solo per una pagina. Questa forse è già una grande motivazione. E poi lo vedi com’è la nostra Isola, come potrebbe non essere grande fonte di ispirazione? Uno dei complimenti più belli me li fanno quelli che stanno lontano dalla Sardegna. Se ci sono stati, mi dicono che gliel’ho resa vivida nei loro ricordi, e se non ci sono mai stati, mi dicono che nelle mie pagine riescono ad immaginarla con la loro fantasia. Merito della Sardegna, non mio.
- Qual è il messaggio che “Il giorno della tartaruga” vuole trasmettere? E qual è quello di “Dannato cuore”?
I messaggi dei miei libri credo che siano molto chiari, altrimenti non sarebbero dei messaggi. Oltretutto sono apertamente dichiarati nelle due righe di prefazione, e nei versi che riporto in entrambi i libri. Così “Il giorno della tartaruga” sta lì a dimostrare che se anche la vita va completamente per traverso, c’è sempre una seconda possibilità…
E poi quel “mollo tutto e cambio vita” che ogni giorno almeno una volta ci sfiora la mente, è esattamente al centro di “Dannato Cuore”. Ma non nel senso che la fuga sia auspicabile, ma per dire che la possibilità di cambiare è sempre con noi. E se, pur potendo cambiare tutto, continuiamo a combattere la nostra battaglia quotidiana, è perché l’abbiamo scelto, e non perché costretti. Comprendi come sia diversa la giornata quando capiamo questo?
- Chi è la prima persona a cui fai leggere i tuoi libri?
Che dilemma irrisolto! Una volta mia moglie, la mia compagna di una vita, una volta un mio amico carissimo; ma penso che con le persone care sia sempre un pasticcio. Severi solo per non apparire troppo benevoli, e poi comunque imprescindibilmente troppo benevoli. E per me è solo confusione, volo cieco. Non so più, per il prossimo accetto consigli…
- Hai già un’idea per il prossimo romanzo?
Ho un’idea in testa da quando ancora non avevo pensato al primo libro: mi incuriosirebbe indagare sulle dinamiche del “gruppo”, sondare le vicissitudini di una squadra come se fosse un personaggio solo, e vedere cosa combina. Sarebbe dovuto essere il tema del mio libro d’esordio, poi invece è venuto fuori “Il giorno della tartaruga”, e poi del secondo, mentre a sorpresa è arrivato “Dannato Cuore”… Sono sicuro che finalmente sarà il terzo. Anche se sono certo che domani incontrerò per strada tutta un’altra storia che si insinuerà dentro di me e non mi mollerà più finché non la libero scrivendola.