Vi siete mai chiesti quale mistero si nasconda dietro la fama del grande astronomo imperiale Keplero?

Nel suo ultimo romanzo, intitolato L’UOMO DAL NASO D’ARGENTO, l’autore Fabio Filippi, pagina dopo pagina, svela ai lettori un’intricata trama con cui il giovane Jorgen, accompagnato dal fedele Sebastianus, deve confrontarsi.

Data l’immagine di copertina, è difficile non svelare ai lettori l’identità del personaggio attorno al quale si sviluppa la vicenda narrata; Keplero. Come ti è venuta l’ispirazione per realizzare un romanzo come questo, un thriller storico a tutti gli effetti?

La complicata relazione scientifica e umana tra Tycho Brahe e Keplero è piuttosto nota, anche se a scuola la figura dell’astronomo danese, nel migliore dei casi, rimane in ombra rispetto a Keplero di cui si studiano le tre leggi. Come racconto nella postfazione, già nel 1901 furono concesse le autorizzazioni ad alcuni studiosi per eseguire indagini sui resti dell’astronomo. Esumarono le sue reliquie conservate presso la cripta della chiesa di Týn a Praga e cercarono tracce di avvelenamento. Il dubbio che Tycho Brahe sia stato avvelenato emerge da alcune testimonianze. Tycho era un uomo potente ma scomodo. Era arrivato a Praga in fuga dalla sua isola Uraniborg, l’isola delle Stelle. Poteva avere molti nemici e di certo l’ambiente di corte e il contesto storico hanno alimentato i rumor sulla sua fine. Da quattrocento anni si sono susseguite illazioni e ragionevoli dubbi su come si siano concluse le relazioni tra i due scienziati così diversi. Tycho, ricco, vigoroso e in salute, fornito di mezzi potenti per indagare il cielo, l’altro, Keplero, in cerca di una collocazione, con una salute cagionevole. L’uno anticopernicano, l’altro no. L’unica cosa che avevano in comune: erano entrambi immigrati e curiosi e votati alla ricerca di spiegare il Cosmo. La voglia di raccontare un episodio storico noto, come mi è accaduto in altre circostanze, si è unita al desiderio di capire come si siano svolti veramente i fatti. Il genere giallo o thriller mi faceva buon gioco rispetto alla vicenda in sé e alla Praga magica ed esoterica del 1600, patria di alchimisti, artisti e scienziati.

Trattandosi di un romanzo storico, appunto, la prossima domanda è d’obbligo: quanta verità c’è dietro la finzione letteraria? E quanta ricerca hai dovuto compiere?

Moltissimi dei fatti raccontati sono autentici. Jorgen e Sebastianus fanno parte dei pochi protagonisti inventati di sana pianta (ma non dirò quali sono gli altri). Alcuni personaggi sono realmente esistiti ma vestiti con una personalità al più presumibile o verosimile. Altri sono descritti il più fedelmente possibile in base ai documenti che ho reperito. Il flusso storico degli eventi rimane quello reale come anche gli accadimenti personali dei protagonisti. La mia intenzione era raccontare le vicende legate alla morte sospetta dell’astronomo dal naso d’argento. La trama è costruita sull’ossatura dei documenti storici. Dunque la storia di questo romanzo incomincia dalla ricerca che è durata alcuni anni. A conti fatti il romanzo è solo la punta dell’iceberg dell’attività documentale.  Quello che non sapevo, quando ho incominciato a lavorare sul romanzo, era che dopo l’esumazione del 1901 alcuni studiosi riuscirono a ottenere il permesso per eseguirne un’altra nel 2010. In cent’anni i mezzi d’indagine scientifica sono migliorati, come si può immaginare. Grazie al professor Igor Janovský (attualmente presso National Technical Museum di Praga) sono risalito agli autori che nel 2018 hanno condotto le analisi sui resti di Tycho Brahe, direi definitive. Ma non dirò qui quali sono questi risultati, per ovvie ragioni.

Nella breve biografia inserita in quarta di copertina viene specificata la tua permanenza presso l’Osservatorio astronomico di Brera. Hai attinto anche a questa tua esperienza per la stesura del romanzo?

La mia breve permanenza all’Osservatorio di Brera risale alla seconda metà degli anni 80, all’inizio della mia carriera professionale, tanto tempo fa. Di certo rimasi impressionato dai famosi disegni dei canali di Marte (o presunti tali) che l’astronomo Giovanni Schiaparelli eseguì dall’Osservatorio osservando il pianeta con il rifrattore da 22 cm. Lì sono custoditi quei disegni che generarono sull’opinione pubblica illazioni e fantasie sulla possibilità che quei canali fossero di natura aliena.

«La storia incomincia proprio in questo buco di mondo, in questa isola di Kampa divisa da Mala Strana da quei Cavalieri di Malta che vollero far girare i mulini ad acqua.» Questo è ciò che scrivi al termine del primo capitolo, cosa puoi svelare ai nostri lettori e alle nostre lettrici della trama?

Posso svelare che le indagini portano i protagonisti a girare per mezza Europa, da Linz in Austria a Brodnica in Polonia all’inseguimento di un codice da decifrare. Ci sono dei colpi di scena rispetto ai quali Jorgen e Sebastianus devono prendere decisioni importanti. Le vicende si svolgono anche a Praga dove ancora si sentono gli echi della straordinaria stagione vissuta da questa città come capitale del Sacro Romano Impero d’Occidente e l’impronta datale da Rodolfo II. Il romanzo è immerso in quell’atmosfera magica fatta anche di leggende ma soprattutto di tanti protagonisti e delle loro storie, spesso crudeli, che non sottraggono ma anzi spesso sottolineano la loro profonda umanità.

Ti sei lasciato ispirare da qualche scrittore o da qualche romanzo in particolare per inserire nella trama alcuni dettagli come quello del diario e dei veleni?

La narrazione è stata letteralmente trainata da tre elementi: i fatti che sono emersi dai documenti, i personaggi che, una volta riportati in vita sulla carta, hanno partecipato alle vicende, e le letture. Ho aggiunto una bibliografia in coda al libro per aiutare chi volesse approfondire le tante stimolanti tematiche sviluppate o solo accennate nel romanzo. Tra queste quelle che forse mi hanno per certi versi aiutato di più sono state La notte di Keplero del romanziere irlandese John Banville e il saggio Heavenly intrigue di J. Gilder, A.L. Gilder, una coppia di autori che hanno ricostruito in maniera minuziosa tutta la vicenda che io ho trattato ma forse presumendo già in partenza quale fosse la verità sulla morte di Tycho Brahe. La pratica dei veleni era piuttosto diffusa in certi ambienti. D’altra parte Praga era all’epoca la patria dell’alchimia.

Ci racconteresti qualcosa circa i protagonisti Sebastianus e Jorgen?

Jorgen e Sebastianus, i due giovani protagonisti principali del romanzo amici dall’infanzia sono, per così dire, opposti e complementari, un po’ come Tycho Brahe e Keplero. Jorgen è benestante e cattolico, Sebastianus male in arnese che campa di espedienti, protestante. Uno riflessivo l’altro più soggetto all’impulso immediato. Li accomuna la curiosità e la voglia di scoprire la verità, e le meraviglie della vita.

Un’altra figura piuttosto intrigante è quella di Jeppe il nano, quale ruolo ricopre nella vicenda e da cosa ti sei lasciato ispirare per caratterizzarlo?

Anche Jeppe è un personaggio reale come reali sono molte delle cose che gli ho fatto dire. Credo che sia uno dei personaggi meglio riuscito, insieme all’alchimista. Mi piace pensare che Jeppe sapesse molto, essendo il giullare di Tycho Brahe. Vere sono le opinioni che Tycho aveva su di lui e vere, purtroppo, sono anche le vessazioni che il povero nano ha subito. A pranzo se ne stava sotto la tavola a raccogliere gli scarti che l’astronomo gli lasciava. Mi piace pensare che fosse anche depositario di molte informazioni, potendo ascoltare indisturbato tutte le conversazioni. In genere parteggio per i deboli, gli esclusi, gli emarginati ed è questo uno dei motivi che l’ho reso protagonista del fulcro su cui partono le indagini dei due amici.

Nel tuo romanzo sono molte le voci a cui lasci spazio oltre a quelle di cui abbiamo già fatto menzione. Quale di queste ti è più vicina?

Domanda difficile. Per questioni legate alla costruzione dei personaggi serbo un qualche livello di empatia con tutti i personaggi, anche con quelli palesemente negativi.

Quale criterio hai impiegato per la suddivisione dei capitoli? Inizialmente incontriamo due luoghi e due date, Praga 21 maggio 1618 e Kresomysl 30 agosto 1617, poi iniziano a susseguirsi nomi di personaggi, luoghi geografici e titoli di vario genere. Solo verso la fine del romanzo si ritorna al diario e a una data, il 20 dicembre 1621.

Il romanzo inizia il 21 maggio 1618, cioè due giorni prima la defenestrazione di Praga, quell’atto politico compiuto contro Ferdinando II che costituì la scintilla per lo scoppio della guerra dei trent’anni. Jorgen non sa cosa fare col diario nel quale ha raccolto le indagini che ha condotto insieme a Sebastianus. C’è poi un flashback nella narrazione per ripercorrere tutti gli eventi che hanno portato i due amici a svolgere le complesse indagini. Il salto temporale di due anni dell’ultimo capitolo, quasi un flashforward, proietta Jorgen oltre l’indecisione del primo capitolo e oltre le indagini concluse, quando oramai gli inarrestabili eventi della guerra dei trent’anni hanno travolto tutti i suoi dubbi e tutte le più belle intenzioni che lui e i cittadini d’Europa potevano coltivare due anni prima.

Leggendo il romanzo ho avuto l’impressione che volessi, in quanto autore, fornire ai lettori la mappa seguita dai protagonisti durante il viaggio che compiono per svelare il mistero di cui non vogliamo dirvi nulla. È un’idea che hai concepito fin dall’inizio o si è evoluta nel corso della stesura del romanzo?

Entrambe le cose. La stesura del romanzo è avvenuta dopo che avevo costruito una mappa completa degli eventi e dei personaggi. Ciononostante talvolta i personaggi prendono derive non sempre prevedibili per cause diverse: la costruzione di un dialogo, la descrizione di un luogo o di un contesto, un episodio improvviso. Voglio mettere nel conto anche me stesso, cioè l’autore, che talvolta si lascia prendere la mano per emozionarsi ed emozionare.

Un ultimo aspetto che mi piacerebbe indagare è quello della situazione politica che fa da sfondo alla vicenda.

Lo è, infatti. Tutti gli eventi che ci coinvolgono avvengono in un contesto per così dire favorevole affinché si verifichino. Come hai detto il mio romanzo storico è un’opera di finzione, un thriller, ma si basa su fatti realmente accaduti.  Non dico nulla di nuovo se affermo che alcuni fatti purtroppo si ripetono. Le guerre di potere travestite da guerre di religione, la vessazione delle categorie più fragili, le disparità di genere e così via, sono sullo sfondo del romanzo perché mi piace mettere in risalto che i protagonisti primari o secondari sono sempre, loro malgrado, soggetti ai colori che lo sfondo riverbera su di loro. Non volevo privarmi dell’occasione di gettare la luce su alcuni passaggi storici che sono purtroppo ancora attuali.

Sempre dalla biografia in quarta di copertina veniamo a sapere che sei autore di diverse opere, hai già qualcosa che bolle in pentola?

Sto lavorando al seguito del mio ultimo romanzo, Ribellatevi! Un mondo distopico, in particolare la città di Eve, soggiogata ai problemi del riscaldamento globale e alle decisioni politiche prese dall’intelligenza artificiale.

«”Ma voi conoscete il contenuto del diario?”

“No. So che il diario descrive tutte le nefandezze che compì quell’orribile uomo. Deduco che ci possano essere informazioni riguardanti la morte di mio padre che possono esservi utili perché Margareta mi comunicò successivamente che, al ritorno a Praga, Erik aveva con sé il diario e le chiese esplicitamente di non rivelarne l’esistenza a nessuno dei familiari Brahe, mio padre.”»

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Fabio Filippi, nato a Rimini nel 1959, ha lavorato presso l’Osservatorio astronomico di Brera-Milano. Insegna matematica e fisica presso il Liceo Scientifico Albert Einstein di Rimini e cura l’opera del padre, il pittore Cesare Filippi. Tra le sue pubblicazioni: Entangled (2010), Gliese 581C (2013), Quella stella lontana (2016), Rossi gialli e altri colori che non posso dire (2016), Tremilanovecento (2018), Il segreto di Mary Shelley (2019), Mio zio il professor Protone (2021), Ribellatevi! (2021)

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